Secondo i dati della CGIA di Mestre, i lavoratori autonomi molisani, figurano tra quelli che dichiarano i redditi medi più bassi rispetto alla media nazionale. Le partite Iva di Isernia si piazzano al 98° posto con un reddito di 18.071 euro, quelle di Campobasso al 100° posto con un reddito di 17.999 euro. Dopo di noi in coda troviamo la Calabria.

I lavoratori autonomi più ricchi d’Italia esercitano l’attività a Milano. Il reddito medio è di 38.140 euro: due volte e mezzo più elevato di quanto dichiarano i colleghi di Vibo Valentia che, invece, occupano l’ultima posizione di questa classifica con soli 15.479 euro. Il dato medio nazionale, invece, è pari a 26.248 euro.

L’elaborazione, effettuata dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre, riguarda i redditi medi dei lavoratori autonomi (*) riferiti alla dichiarazione dei redditi 2016 (anno di imposta 2015). In questa graduatoria, appena sotto Milano si collocano le partite Iva di Bolzano (con un reddito medio di 35.294 euro), di Lecco (con 33.897 euro), di Bologna (con 33.584), di Como (con 32.298 euro) e di Monza (32.022 euro).

Se, ad eccezione di Bolzano e Bologna, le primissime posizioni sono occupate dai lavoratori autonomi lombardi, le posizioni di coda, invece, sono ad appannaggio dei calabresi. Al terzultimo posto, infatti, ci sono quelli di Cosenza (con 16.318 euro), al penultimo quelli di Crotone (15.645) e, infine, quelli di Vibo Valentia (15.479 euro).

Sebbene i dati riferiti al reddito medio siano abbastanza positivi – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo non dobbiamo dimenticare che la crisi ha fortemente polarizzato il mondo degli autonomi, condizionando questi risultati. Tra i redditi più elevati, ad esempio, troviamo la fascia di lavoratori tra i 50 e i 65 anni. Il che non deve stupire, se è vero che l’esperienza e la rete di relazioni aumentano con l’esercizio della professione”.

Viceversa, gli under 40 – dice Zabeo – hanno subito un processo di proletarizzazione della professione che è stato spaventoso. Il crollo dei redditi, l’aumento della precarietà, l’elevata intermittenza lavorativa e lo scarso grado di autonomia hanno caratterizzato l’attività lavorativa di centinaia di migliaia di giovani professionisti. Questa situazione, inoltre, ha divaricato le disparità territoriali: in particolar modo tra il Nord e il Sud del Paese’.

(*) liberi professionisti con o senza Ordine e le imprese individuali guidate da artigiani/commercianti in regime di contabilità ordinaria e semplificata

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