Warren Buffett, terzo uomo più ricco del mondo con un patrimonio di 72 miliardi di dollari, in una recente intervista ha dichiarato concluso lo scontro di classe tra capitale e lavoro, con la vittoria culturale, politica e sociale di un capitalismo privo di regole che è riuscito a sconfiggere il lavoro su tutta la linea.

“ Siamo riusciti a far credere ai lavoratori che la lotta di classe fosse stata superata dalla storia, poi abbiamo diviso, illuso e contrapposto i lavoratori, quindi con la globalizzazione abbiamo decretato il primato del capitale che può delocalizzare ovunque la produzione a differenza della forza lavoro che è obbligata ad accettare le condizioni imposte pur di vivere.” Al cospetto di una simile verità c’è poco da eccepire.

D’altronde se la finanza domina l’economia con un fatturato annuo 19 volte superiore a quella di produzione materiale di beni e servizi, la manodopera impiegata per produrre la ricchezza della ventesima parte di quella complessiva, è evidente che perde peso contrattuale, forza politica e diritti sociali. L’economia di carta ha sostituito la manifattura creando bolle speculative che hanno consentito ad un investitore finanziario, che non produce nulla di materiale, di piazzarsi alle spalle di Bill Gates e di Carlos Slim che almeno movimentano attività, investimenti e occupazione.

In un mondo in cui insieme al muro e ai paesi socialisti è saltato anche l’interesse del capitale, a preservare il compromesso politico col lavoro nei paesi occidentali, quali strumenti possono essere utilizzati per restituire dignità ai lavoratori ? Se dall’oggi al domani una fabbrica può essere chiusa, smontata e trasferita in Cina, India o in un qualsiasi luogo del pianeta dove il costo del lavoro è più basso di dieci o di venti volte, come possono essere difesi i diritti sociali dei lavoratori del Nord del Mondo ?

La soluzione esiste è ovvio, ma è politicamente impercorribile, perché è arduo ipotizzare che chi detiene una ricchezza finanziaria di 19 ventesimi e dispone di tutte le leve del controllo del potere si lasci dettare la linea dalla maggioranza dei cittadini che producono solo un ventesimo della ricchezza complessiva.

Paradossalmente la sinistra non può che convenire sull’analisi di Warren Buffett e messa all’angolo da Reagan, Tatcher e dai neoconservatori americani degli anni ottanta, da tre decenni non riesce a elaborare una proposta politica capace di invertire la rotta, e fermare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, l’oppressione, l’inquinamento, il saccheggio dei paesi poveri, le guerre, la cannibalizzazione delle grandi imprese sulle piccole, l’omologazione globale dei consumi, il superamento delle democrazie, la limitazione delle libertà, il ripristino del primato del censo e della razza, e la diffusione dei regimi autoritari.

Carlo Marx incitava i proletari di tutto il mondo ad unirsi ed Antonio Gramsci dal buio della cella di un carcere fascista spronava i poveri ad istruirsi, agitarsi e organizzarsi per affermare la loro dignità di esseri umani. Insieme a loro dalla Rerum Novarum di Papa Leone XIII° alla Laudato Si di Papa Francesco, passando per le Encicliche sociali di Giovani XXIII°, Paolo VI° e Giovanni Paolo II°, la chiesa ha sostenuto che viene prima l’uomo e poi l’economia.

Sta di fatto che sia la cultura laica mazziniana, marxista e gramsciana, e sia la cultura cristiana sono state sconfitte dai teoremi tratteggiati dal pensiero ultraconservatore che si è limitato a mettere una cornice sulle peggiori trasformazioni sociali degli ultimi decenni. Sconfitti ma mai vinti, c’è necessità di continuare a lottare, pur nella confusione del momento senza arrendersi mai alla protervia del capitale e del potere.

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